The Artist is Present: quando l’arte si trasforma in incontro

Marina Abramovic and Ulay at MoMA Photo By © 2010 Scott Rudd

“Marina Abramović in The Artist is Present al MoMA”. Credits: Marina Abramovic and Ulay at MoMA Photo By © 2010 Scott Rudd

MoMA (New York), primavera del 2010.

Uno spazio vuoto, neutro, quasi asettico; al centro una sedia, un tavolo, un’altra sedia.

In questa apparente semplicità sta per prendere vita uno degli eventi più radicali della storia dell’arte contemporanea: “The Artist is Present”.

L’artista nell’incontro

Ad una delle estremità del tavolo siede Marina Abramović, immobile, con sguardo fermo e disponibile ad incontrare quello di chiunque decidesse di sedere di fronte a lei, all’altro capo del tavolo.

Per 736 ore, senza parlare né muoversi, M. Abramović ha trasformato la sua presenza in un atto artistico assoluto diverso da una performance dal gesto estremo, come negli anni Settanta con coltelli, corpi nudi o fuoco; questa volta si trattava di un incontro tra due persone, silenzioso ma carico di significato, dove il movimento più che essere manifesto, proviene dall’interno e si realizza nello sguardo.

L’arte diventa specchio

Coloro i quali sedeva di fronte a lei, spettatore e sconosciuto, viene spogliato di ogni difesa: niente telefono, niente distrazioni, solo il tempo sospeso di uno sguardo reciproco.
Molti piangevano, altri ridevano nervosamente, alcuni resistevano pochi secondi. In quel momento l’arte diventava specchio: costringeva ciascuno a fare i conti con la propria fragilità, col riemergere di esperienze personali di amore, separazione, perdita. Ed è così che, l’apparente semplicità di quest’opera, si trasforma in un’esperienza potente ed emotivamente universale.

La critica l’ha definita una scultura vivente, ma The Artist is Present è stato soprattutto un rituale collettivo: Abramović non metteva più in scena il dolore, ma un incontro dove non era più lei a rischiare, ma chi accettava di esporsi.

Ulay e Marina: un amore trasformato in arte

In quelle 736 ore, lo sguardo dell’artista ha intrecciato gli occhi di migliaia di anime provenienti da tutto il mondo: adulti, anziani, bambini per i quali Marina Abramović era lì, semplicemente presente per l’altro.

Ad un tratto, l’artista riconosce lo sguardo di uno spettatore diverso dagli altri, tutt’altro che anonimo. Era Ulay, il suo passato, che inaspettatamente si era seduto di fronte a lei contribuendo a trasformare quel momento in una vera e propria opera d’arte per cui la Abramović decide di rompere le regole, creando un momento di commovente vulnerabilità e spontaneità.

Prima di quel giorno al MoMA, la vita di Marina Abramović era stata intrecciata a quella di Ulay (Frank Uwe Laysiepen) per oltre un decennio. Si erano conosciuti nel 1975, dando vita a una delle coppie più iconiche della performance art. Il loro legame personale e artistico, però, si concluse nel 1988, dopo anni di conflitti, decidendo di percorrere ciascuno metà della Grande Muraglia Cinese e di incontrarsi a metà strada, solo per dirsi addio.

Quando, nel 2010, Ulay apparve inaspettatamente tra il pubblico di The Artist is Present e si sedette davanti a Marina, il silenzio nella sala divenne assordante. Lei, che fino a quel momento era rimasta immobile, lasciò scendere le lacrime e tese le mani verso di lui.

“When he came to The Artist Is Present, I invited him, but I never knew that he would sit there. This was a crazy moment because I never break rules [of the performance], but I actually broke the rules because I put my hand to touch his hand — he was not one of audience, he was all my life.”

(Marina Abramović, Art Guide Australia, 2020)

Queste frasi mostrano non solo l’imprevedibilità emotiva di quell’incontro, ma anche quanto Marina sapesse che, nonostante il progetto fosse rigoroso, l’arte vera è quella che parte dalla sincerità del momento.

La loro storia d’amore, la condivisione, la rottura e la distanza, ha contribuito a rendere quel gesto una sorta di esempio di come l’arte possa prendere vita non solo nella creazione estetica, ma nel dolore, nella memoria, nella riconciliazione.

Bibliografia

Crediti immagine: Marina Abramovic and Ulay at MoMA Photo By © 2010 Scott Rudd

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